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'DURABILITY' NEL CICLISMO: ULTIME EVIDENZE, CASE STUDY E CONSIDERAZIONI

stefanonardelli

Aggiornamento: 19 set 2023



Ultime evidenze e revisione della letteratura


Nel mondo ciclistico, negli ultimi anni sempre più importanza ha acquisito il cosiddetto “record power profile”, ovvero la potenza media massima (MMP) che un ciclista può sviluppare per diverse durate di sforzo. Questo sistema è stato proposto come indicatore di performance (Leo et al., 2022; Passfield et al., 2017). Alcuni studi (van Erp et al., 2020; Pinot et Grap, 2011) testimoniano come atleti professionisti di alto livello hanno potenze migliori sia sopra che sotto i 5 minuti rispetto ad atleti non professionisti di pari range d’età.

Diverse domande sorgono spontanee: gli studi sono stati svolti in condizioni di non affaticamento dell’atleta o in stato di affaticamento, dopo diverse ore di gara o di allenamento? Quali sono le differenze maggiori che si riscontrano in atleti professionisti e soprattutto in atleti di livello WolrdTour?

Molto recentemente, diversi studi hanno cercato di trovare una risposta a questi quesiti. Fino a pochi anni fa, come sostengono Spragg et al. (2022), si identificavano i parametri prestativi attraverso test o prove che non prevedevano condizioni di pre-affaticamento. Ma è ben noto che le competizioni ciclistiche, e in particolare quelle professionistiche, sono eventi su strada che hanno una lunghezza media di 182 km (fino a 300 km in quelle più lunghe) per gli uomini e di 116 km (fino a 160 km) per le donne, con carichi di lavoro che in media sono di 3734 kJ per i primi e di 2000 kJ totali per le seconde (Sanders et al., 2019).


Figura 1. van Erp et al., 2021. Declino % prestazione in relazione al lavro accumulato (kj)

In ciclisti professionisti e under23, la potenza che l’atleta può produrre diminuisce man mano che il lavoro prodotto (kJ) aumenta (Leo et al., 2020). Questo è di particolare importanza dato che la ricerca suggerisce come sprinters di successo sono capaci di mantenere potenze elevate per brevi periodi di tempo in stato di affaticamento rispetto a coloro che non hanno successo (vedere Figura 1 tratta da van Erp et al., 2021; pallini bianchi sprinter di successo, pallini neri sprinters di livello inferiore). Questo principio differenzia anche ciclisti scalatori di diverso livello, ovviamente su durate maggiori. La capacità di sviluppare alti valori di potenza in uno stato di affaticamento viene definita come resistenza alla fatica (Leo et al., 2020) o ‘durability’ (Maunder et al., 2021). Lo studio di Leo et al. (2020) conferma che i valori del power profile di ciclisti under23 diminuisce dopo 1500-2000 kJ di lavoro, mentre quello di ciclisti professionisti accade solo dopo 3000 kJ di lavoro svolto. Ma, come vedremo in seguito, ci sono differenze anche all’interno dello stesso gruppo di professionisti (Professional vs WorldTour; Mateo-March et al., 2022; Muriel et al., 2021). Negli ultimi anni ben si sono investigate le caratteristiche dell’allenamento di ciclisti professionisti per migliorare la performance, ma al momento manca il collegamento fra allenamento e durability; infatti, ci sono ancora poche evidenze se la durability sia una variabile fissa durante un’intera stagione o se essa subisca variazioni. Inoltre, mancano ancora chiare evidenze su quale modalità di allenamento possa essere benefica per incrementare la durability. Spragg et al. (2022) hanno comunque identificato alcune possibili risposte a questo, trovando una relazione positiva tra tempo di allenamento speso sotto la prima soglia ventilatoria (VT1) e resistenza alla fatica.

Quindi, abbiamo visto che nelle competizioni ciclistiche di alto livello non è tanto importante chi riesce a performare elevati livelli di potenza a inizio gara, ma piuttosto chi lo riesce a fare dopo aver accumulato un certo volume di lavoro e, di conseguenza, una certa quantità di fatica. D’altra parte, la fatica non viene tenuta in considerazione nei test, sia quelli svolti in laboratorio, sia quelli da campo svolti su strada. Questo mina parzialmente il concetto di record power profile come indicatore della prestazione di endurance attuale, perché non è abbastanza predittivo della performance, in particolare a livello professionistico. Inoltre, l’utilizzo del record power profile, stabilito in condizioni di non affaticamento come metodo per la prescrizione dell’allenamento, può risultare in carichi di lavoro target eccessivamente elevati. A proposito di questo, van Erp et al. (2021) nel loro studio che andava ad analizzare gruppi di ciclisti di alto livello (compresi i ciclisti professionisti), arrivarono alla conclusione che la capacità di mantenere valori di MMP buoni dopo aver accumulato un certo livello di fatica può essere considerata una miglior determinante della prestazione ciclistica rispetto ad un record power profile derivato da condizioni di ‘freschezza’. Nella Figura 2 tratta dallo studio di van Erp et al. (2021), un esempio di come diminuisce la capacità di esprimere la potenza sui 20 minuti con l’accumularsi del lavoro (kJ/kg). Qui vengono rappresentati sprinter e scalatori con livello diverso, in relazione ai punti nel ranking internazionale (pallino bianchi livello CAT 1; pallini neri CAT 2).

Figura 2. van Erp et al., 2001. Declino % performance in relazione al lavoro accumulato (kj)

Se proponessimo un confronto tra categorie internazionali competitive a differenti età (juniors, under23 e professionisti) per quanto riguarda il record power profile in condizioni di non affaticamento (Fig. 3, tratta da Gallo et al., 2022), possiamo notare che non ci sono differenze significative per potenze fino al minuto di durata tra le categorie. Le differenze cominciano a manifestarsi in modo significativo per potenze superiori ai 5 minuti (compresi) fra under23/professionisti e juniors, mentre tra under23 e professionisti solo dai 20-30 minuti in poi. Pertanto, è possibile notare che le differenze si acuiscono quando le durate delle MMP aumentano, proprio dove la percentuale di contributo da parte del sistema aerobico è considerevole. Questo ci fa pensare che ci possa essere una correlazione fra durability e MMP per durate elevate, perché durability è sinonimo di sistema aerobico ossidativo ben sviluppato, dato che è il sistema energetico che è per definizione quello più resistente alla fatica.

Figura 3. Gallo et al., 2022. Record power profile di Junior, U23 e Pro

Sempre dallo studio di Gallo et al. (2022) mostrato nella Figura 4, possiamo vedere che la maggior differenza fra U23 e professionisti non sta molto nel lavoro (kJ) speso per ora (indice di intensità media abbastanza simile), ma piuttosto nel valore assoluto di lavoro totale durante un’intera competizione. Semplicisticamente parlando, questo significa che a cambiare maggiormente è la capacità di mantenere le stesse intensità per durate superiori, in condizioni di maggior affaticamento. Inoltre, è possibile notare che i professionisti sono anche quelli che totalizzano più lavoro (kJ) durante un’intera stagione; quindi, c’è una relazione tra volume e capacità di tenuta dello sforzo. E quel volume in più di lavoro svolto da parte della categoria professionistica sembrerebbe essere prodotto per motivi metabolici ad un’intensità inferiore alla VT1 (anche detta zona 1 nel modello a 3 zone di Seiler), in accordo con lo studio di Spragg et al. (2022) menzionato in precedenza; questo sottolinea la relazione fra tempo speso a intensità inferiori alla soglia aerobica e durability. Una constatazione che trova le sue logiche fisiologiche in un adattamento dovuto a tale intensità che va a mirare all’aumento del volume mitocondriale e di tutti quei parametri legati al miglioramento del sistema energetico ossidativo e dell’efficienza.

Figura 4. Gallo et al., 2022. Differenze in lavoro (kj) annuale, per ora e per gara in junior, U23 e Pro

Altri interessanti spunti derivano dagli studi di Muriel et al. (2021), van Erp et al. (2021) e Mateo-March et al. (2022), che analizzano la differenza tra ciclisti professionisti di diverso livello; in particolare tra coloro che hanno ottenuto successi o piazzamenti di prestigio e appartengono alla categoria WorldTour e quelli di livello più basso che appartengono invece alla categoria Professional. Il confronto tra questi due livelli pone subito in luce alcuni aspetti interessanti:

  • le differenze sulle MMP di differenti durate non sono significativamente diverse in stato di non affaticamento tra atleti Professional e WorldTour;

  • le differenze diventano progressivamente più importanti e significative quando aumenta lo stato di affaticamento (dopo 25-45 kJ/kg), quantificato con il lavoro svolto (kJ/kg).

La Figura 5, tratta dallo studio di Mateo-March et al. (2022), mostra chiaramente questa tendenza.

Figura 5. Mateo-March et al., 2022. Declino di potenza a diverse durate con diverso lavoro (kj) accumulato

In conclusione, da quello che abbiamo potuto constatare mettendo insieme gli studi, possiamo ricavare alcuni ragionamenti che ci riconducono al tema della durability. Gli atleti di élite sono contraddistinti da migliori MMP su tutti i range di durata in stato di non affaticamento. Per ciclisti di categoria internazionale, questa differenza non si nota molto a potenze inferiori al minuto (juniors vs pro) o ai 5 minuti (under23 vs pro), ma con l’aumentare delle durate delle MMP, che coincide con un aumento del contributo del sistema energetico aerobico.

Allo stesso tempo, possiamo osservare che i professionisti presentano delle MMP superiori quando si accumulano kJ di lavoro, quindi presentano un record power profile migliore rispetto alle altre categorie quando viene derivato in condizioni di affaticamento (ad es. >2000 kJ). La differenza di durability non distingue solo la categoria pro dalle altre categorie, ma all’interno degli stessi ciclisti professionisti è possibile osservare delle marcate differenze. Infatti, uno degli studi citati mostra come ciclisti appartenenti alla categoria Professional - benché manifestino MMP simili in condizioni di non affaticamento – manifestano cali percentuali di MMP maggiori in stato di affaticamento rispetto ai ciclisti WorldTour. Oltre ai fattori genetici, uno studio di quelli menzionati sostiene ci sia una relazione fra il tempo speso al di sotto della prima soglia ventilatoria (VT1), anche detta soglia aerobica e la potenza espressa su MMP2 in stato di affaticamento. È noto che la capacità aerobica è correlata con il volume mitocondriale, capillarizzazione, capacità di ossidare di grassi, quantitativo di fibre di tipo I, ecc, che a loro volta sono correlati con il volume di allenamento (Granata et al., 2018; Laursen, 2010), che nei professionisti abbiamo visto essere maggiore e in particolare svolto soprattutto a bassa intensità (< VT1, in zona 1 nel modello a 3 zone).


Case study

Figura 6. Dati test MMP3 ciclista Pro Continental

Per avere riscontro pratico su questo, proponiamo un case study esempio per mostrare come alcuni dati possono essere correlati ad una buona durability, soprattutto se riusciamo ad individuare il contributo aerobico per diversi MMP. I dati riportati nella Figura 6 sono di un ciclista U23 di un team Continental da noi seguito, che ha svolto 3 test MMP3 in momenti diversi della stagione (dicembre 2021, febbraio 2022 e aprile 2022). Rispetto a febbraio è migliorato sui 3 minuti di +10 watt, circa un 2% (+29 watt rispetto a fine dicembre, circa un 5,5%, e +25 watt rispetto al miglior test della stagione scorsa), il che sembrerebbe un miglioramento buono, ma non eclatante. Due i motivi:

  • atleti di già alto livello non ottengono miglioramenti enormi come i novizi (Jeukendrup et Martin, 2001);

  • ma soprattutto, più alto è il livello andando verso la categoria World Tour e più la differenza tra Juniores, Under23 e professionisti è minima per potenze inferiori ai 20 minuti e ancor più per durate inferiori, come quelle sui 3 minuti (Gallo et al., 2022).

Se andiamo a vedere altri parametri prestativi dell’atleta come l’MLSS (intensità che è possibile tenere per 40-60’; Dotan, 2022) da dicembre ad aprile è passato da 324 watt a 360 watt (+10%). Una prestazione che è assimilabile a durate più lunghe e dove il sistema aerobico è prevalente. Qua il miglioramento è stato decisamente maggiore.

Figura 7. Contributo dei sistemi energetici durante test MMP3

Durante questo periodo quello che è migliorato è il contributo dei sistemi energetici e, osservando la Figura 7, si può osservare come è migliorato significativamente proprio il contributo del sistema aerobico. Questo aspetto è importantissimo perché più alto è il suo contributo a tutte le durate (senza diminuire la potenza espressa) e minore sarà il decremento prestativo percentuale in termini di potenza dopo aver svolto diverse ore di esercizio (ad esempio gli ultimi minuti al termine di una gara). Di conseguenza, grazie ad un’analisi più approfondita, il miglioramento può essere valutato come importante, perché è cambiato qualcosa nelle modalità di espressione dei sistemi energetici e perché quello aerobico è quel sistema che garantisce più ripetibilità dello sforzo e durability. Pertanto, il contributo del sistema aerobico a diverse MMP può essere considerato un indice indiretto di durability.


*Note: I dati ottenuti dai grafici sono stati ricavati con equazioni e algoritmi creati da noi personalmente, validati con uno studio in laboratorio. Fanno parte dei dati del nostro test metabolico da campo (info su Servizi o Contatti).


La nostra teoria


Quali sono le determinanti delle durability? Uscendo da ciò che è pura letteratura scientifica, secondo ciò che abbiamo approfondito e che abbiamo osservato con i nostri atleti e relativi dati raccolti da gare, allenamenti e test, abbiamo notato che la V'Lamax e la Fatmax sono due parametri che possono giocare un ruolo fondamentale nella durability. Atleti con valori di V'Lamax (mmol/l/s) troppo elevati, correlano negativamente con una elevata durability. Legato a questo, atleti con elevata Fatmax presentano correlazioni positive con una buona durability, poichè la stessa Fatmax ci dà indicazione sugli aspetti fisiologici legati alle fibre di tipo I, fibre che permettono sicuramente più tenuta alla sforzo rispetto alle fibre IIa e IIx. Questo aspetto si aggancia anche allo studio di Spragg et al. (2022) che abbiamo citato (relazione fra tempo speso ad intensità minore di VT1 e maggior durability). Quindi, V'Lamax e Fatmax potrebbero essere degli indici indiretti di durability che vanno a influenzare la % di contributo aerobico alle varie MMP e possono essere individuati attraverso dei test relativamente brevi, senza la necessità di svolgere delle batterie di test dopo aver accumulato un certo volume di lavoro (kj/kg).

A livello di allenamento, se vogliamo aumentare la nostra durability, dovremmo puntare ad abbassare la V'Lamax o aumentare il volume a bassa intensità o entrambe le cose. La decisione va presa in relazione alle caratteristiche fisiologiche dell'atleta e al modello prestativo delle gare obiettivo.


Se sei interessato al monitoraggio di questi due parametri e all'ottenimento del tuo profilo fisiologico con associate zone di allenamento, contattaci. Potrai scegliere tra un test da campo a distanza e un test del lattato nel nostro laboratorio per capire come ottimizzare il tuo allenamento e migliorare la durability e i tuoi punti deboli in relazione ai tuoi obiettivi.


Dott. Stefano & Matteo Nardelli


Bibliografia


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