
È ormai il secondo anno consecutivo che questi due grandi atleti, Jonas Vingegaard e Tadej Pogacar, si trovano a fronteggiarsi con duelli entusiasmanti. In molti si sono chiesti quali ‘motori’ sono in dotazione a questi due super atleti, altri hanno cercato di quantificarne le prestazioni in relazione ai tempi in salita, altri ancora si sono domandati come sia possibile performare in questo modo. Purtroppo, non possiamo avere risposte certe, fintato che non verranno pubblicati dati reali, ma possiamo fare delle supposizioni.
Lo scopo di questo articolo è provare a vedere cosa si nasconde dietro a questi grandi numeri e a dare una risposta al perché della crisi di Pogacar (per quanto possa essere ritenuta ‘crisi’ un secondo posto in GC al Tour de France). Sarà un articolo con pochi riferimenti bibliografici, ma tenteremo di scoperchiare ciò che si cela all’interno del ‘cofano motore’ di questi macinatori di joules.
PREMESSE
Abbiamo visto molti dati e molte stime riguardo ai watt/kg espressi dai due protagonisti, stime che si basano principalmente sulla VAM, che tiene conto di peso, tempo di scalata e dislivello. Questo metodo può arrivare a stimare la potenza media di scalata, ma presenta molte limitazioni, soprattutto quando la prestazione è conseguita in competizione. Vi spiegheremo perché con un esempio pratico.
Nella figura 1 sono riportati i dati di scalata su un tratto di salita svolta frequentemente in allenamento da un atleta che seguiamo. La scalata sottolineata in rosso è l’unica che non è stata svolta in allenamento, ma durante una competizione (il Tour of the Alps dei professionisti). Cosa salta subito all’occhio? A dispetto di tempi di scalata simili, la potenza espressa è significativamente minore (si parla in media di circa 20 watt). Se quindi andassimo a stimare le prestazioni in watt/kg basandoci sulla VAM e il tempo di scalata potremmo generare errori importanti. Questo per più motivi, in primis l’effetto scia che si ha in gruppo nonostante velocità non altissime (Blocken et al., 2018a, 2018b; Blocken e Toparlar, 2015).
Inoltre, spesso si guadagna qualcosa ad inizio salita perché queste vengono prese a 50-60 km/h rispetto a condizioni di allenamento. Infine, calandoci nelle stime registrate al tour, non si tiene conto delle nuove posizioni adottate e dei materiali diversi rispetto al passato, non solo in termini di peso bici, ma anche in termini di aerodinamica complessiva. Questo porterebbe spesso a cadere in errori di sovrastima, come si potrebbe presupporre durante l’ascesa dell’ultima salita della crono del Tour, svolta con bici da crono da parte di Vingegaard.

Altro aspetto, è stato dichiarato che Vingegaard abbia un V’O2max di 97 ml min-1 kg-1. La cifra è davvero impressionante, ma nulla ci rassicura su come siano state svolte le misurazioni. Avendoci avuto a che fare personalmente, abbiamo visto che un metabolimetro per la misurazione del consumo d’ossigeno può essere causa di errori importanti - anche nell’ordine di 10-15 ml min-1 kg-1 - se (Niemann et al., 2013; Beijst et al., 2012):
· non viene pulito regolarmente seguendo un certo iter;
· non si segue un corretto protocollo di calibrazione ad ogni nuova misurazione, che può durare diversi minuti e che è una fase che spesso in molti saltano;
· vi è presente accumulo di umidità nel sistema.
È successo ancora che per questi motivi, appurata l’attendibilità della fonte, anche atleti di élite avessero V’O2max sovrastimati di parecchio. Per conto nostro, Il V’O2max di Vingegaard ci pare sovrastimato; invece, molto più attendibile quello di Pogacar, riportato essere intorno a 89. E questo ci conferma come quello di Vingegaard non possa quindi essere di 97, altrimenti la capacità glicolitica dello stesso dovrebbe essere sicuramente maggiore per giustificare un gap minimo alla soglia con Pogacar, come dimostrato nelle prime scalate del tour. Lo vedremo dopo nel dettaglio.
FISOLOGIA E PERFORMANCE DI DUE GRANDI CAMPIONI
Addentriamoci in un’analisi più approfondita. I dati e i grafici sono ricavati da equazioni proprietarie che abbiamo validato rispetto a misurazioni gold standard e che utilizziamo con gli atleti di tutti i livelli con cui collaboriamo, in affiancamento ai test fisiologici con misurazione diretta. Una volta stimati alcuni dati di potenza (figura 2), i quali rimangono stime, gli altri dati ricavati sono dati reali applicando le equazioni del nostro software.

Nella figura 3 sono riportati i parametri prestativi e fisiologici principali. Notiamo che non ci sono grosse differenze nei valori relativi, ma piuttosto nei valori assoluti. I dati del peso sono stati ricavati da fonti sul web. Ci sono fonti che parlano di un V’O2max di Pogacar intorno agli 89 ml min-1 kg-1, un dato che sembra più attendibile rispetto ai 97 di Vingegaard e che abbiamo preso come riferimento. Dagli ‘scatti’ di Pogacar e dalle conseguenti risposte di Vingegaard, si può capire come la potenza glicolitica (V’Lamax) sia leggermente a favore di Pogacar (+7,5%), unita ad una maggior potenza al V’O2max rispetto a Vingegaard (+0,2 w/kg), dati - questi ultimi - che non abbiamo riportato in questo report.
La conferma di valori relativi della soglia anaerobica (MLSS) simili è confermata da prestazioni simili nella prima metà di tour, dato che il gap finale è spiegato da altri fattori che esulano dalla soglia anaerobica stessa, ma che coinvolgono dinamiche metaboliche diverse. Anche a livello di massimo smaltimento di lattato i due atleti hanno valori piuttosto simili, con la differenza che Pogacar riesce a tollerarne concentrazioni più alte, ma d’altro canto impiega anche più tempo per portare le concentrazioni di lattato a livelli bassi, dovendone smaltire quantità maggiori. Basti pensare che una volta raggiunto il picco massimo di lattato, Pogacar impiegherebbe circa 2 minuti in più rispetto a Vingegaard se l’obiettivo fosse quello di portare il lattato vicino ai valori basali.
Entrambi hanno una soglia anaerobica molto vicina al V’O2max (intorno al’87-88% dello stesso), in linea con quanto si vede riportato in letteratura (Jeukendrup et al., 2000; Coyle et al., 1991). Questo conduce ad una riflessione su come essi svolgano gli allenamenti ad alta intensità, ma non sarà oggetto di questo articolo.

Nelle figure 4 e 5 vengono mostrati gli andamenti del consumo d’ossigeno (V’O2) e delle concentrazioni di lattato (La) in funzione della potenza espressa in termini assoluti (watt) e relativi (watt/kg) dei due atleti.


Pogacar possiede una cilindrata (V’O2max) più grande (non è sempre un fattore positivo) e per questo, nonostante una potenza glicolitica maggiore, riesce ad ossidare più grassi (g/min) ad intensità sub-massimale e lo riesce a fare anche a potenze assolute (watt) più elevate rispetto a Vingegaard, ma a potenze relative (watt/kg) sovrapponibili (vedi figura 6).

Il tasso di utilizzo di carboidrati è invece molto simile fino a circa 5 w/kg, ma comincia ad essere significativamente diverso oltre tale intensità relativa, tanto che nei pressi della soglia anaerobica vi è una differenza di circa 1,0 g/min. In questo caso Pogacar risulta svantaggiato, perché avendo un consumo maggiore di carboidrati (sia esogeni che endogeni, ovvero glucosio e glicogeno rispettivamente) alla stessa intensità relativa, intensità con cui sono state svolte diverse salite al Tour, si ritrova a fine tappa con il serbatoio più vuoto rispetto al rivale.
È vero che nei tratti pianeggianti, dove hanno più importanza i watt assoluti (e la posizione aerodinamica), Pogacar avrebbe consumato meno carboidrati rispetto a Vingegaad guardando al profilo metabolico (figura 7) espresso in funzione della potenza assoluta, ma questo non sarebbe bastato per compensare la spesa molto più alta in salita a parità di watt/kg.

Forse questa potrebbe essere stata una delle cause di parziale resa di Pogacar nella terza settimana, amplificata da un possibile malessere (caldo o altro?) che potrebbe non avergli permesso di reintegrare in modo appropriato i carboidrati, visto il suo volto pallido mostrato nelle tappe di ‘crisi’. Queste sono ovviamente solo supposizioni.
Da precisare - e questa è forse la causa numero uno, che è legata comunque al punto sopra - che quello visto al Tour non era il Pogacar nelle migliori condizioni; infatti, lo stop obbligato per l’infortunio e la ripresa a poche settimane dall’inizio del Grande Giro non gli ha permesso di accumulare un adeguato volume di lavoro, utile a migliorare alcuni aspetti metabolici che avrebbero potuto garantirgli una resa maggiore nell’ultima settimana. Tra questi un’ottimizzazione del sistema glicolitico.
CONCLUSIONI
Facendo un controllo incrociato da più fonti come check e stimando le potenze su varie durate, siamo riusciti con l’aiuto dei nostri algoritmi nel provare a quantificare in termini fisiologici e prestativi l’output di questi due super atleti. Sono dati che devono essere presi con cautela, ma possono spiegare il perché di alcuni fatti accaduti durante questo Tour e sono interessanti perchè raramente li troviamo in letteratura scientifica. Ma a volte bisogna andare oltre.
Al di là dei risultati sulla carta, è sempre affascinante vedere come funzionano i metabolismi dei migliori al mondo e - speriamo solo per ora - rimaniamo con il sogno, un giorno, di poter collaborare con atleti di questo calibro, cercando di ottimizzare la loro fisiologia.
Se non fosse chiaro qualcosa su cui non siamo riusciti ad approfondire, siamo a vostra disposizione e ricordiamo che, per chi fosse interessato, questi dati sono ottenibili da atleti di qualsiasi livello grazie ad un test a distanza o presso il nostro lab a Marostica.
Dott. Stefano & Matteo Nardelli
BIBLIOGRAFIA
1. Bert Blocken, Thijs van Druenen, Yasin Toparlar, Fabio Malizia, Paul Mannion, Thomas Andrianne, Thierry Marchal, Geert-Jan Maas, Jan Diepens (2018a). Aerodynamic drag in cycling pelotons: New insights by CFD simulation and wind tunnel testing. Journal of Wind Engineering and Industrial Aerodynamics; Volume 179, Pages 319-337
2. Bert Blocken, Yasin Toparlar (2015). A following car influences cyclist drag: CFD simulations and wind tunnel measurements. Journal of Wind Engineering and Industrial Aerodynamics; Volume 145, Pages 178-186
3. Bert Blocken, Yasin Toparlar, Thijs van Druenen, Thomas Andrianne (2018b). Aerodynamic drag in cycling team time trials. Journal of Wind Engineering and Industrial Aerodynamics; Volume 182, Pages 128-145
4. Casper Beijst, Goof Schep, Eric van Breda, Pieter F. F. Wijn, Carola van Pul (2012). Accuracy and precision of CPET equipment: A comparison of breath-by-breath and mixing chamber systems. Journal of Medical Engineering & Technology; Volume 37, Issue 1, Pages 35-42
5. Coyle EF, Feltner ME, Kautz SA, Hamilton MT, Montain SJ, Baylor AM, Abraham LD, Petrek GW (1991). Physiological and biomechanical factors associated with elite endurance cycling performance. Medicine and Science in Sports and Exercise.; 23(1):93-107.
6. David C. Nieman, Melanie D. Austin, Dustin Dew, Alan C. Utter (2013). Validity of COSMED's Quark CPET Mixing Chamber System in Evaluating Energy Metabolism During Aerobic Exercise in Healthy Male Adults. Research in Sports Medicine; Volume 21, Issue 2, Pages 136-145
7. Jeukendrup, A. E., Craig, N. P., & Hawley, J. A. (2000). The bioenergetics of world class cycling. Journal of Science and Medicine in Sport, 3(4), 414–433.
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